Massimo Falascone 4tet
Falsa partenza
2003, Altroquando 1
1 Discovery 3.40
2 The Room (duo) 4.19
3 Moloko Vellocet 8.12
4 Monolith 7.33
5 Doppia x 7.21
6 Peggy’s Blue Skylight 3.35
7 The Room (quartet) 9.51
8 A volte ritornano 6.12
Massimo Falascone > alto & sopranino saxophones
Alberto Tacchini > piano, prepared piano
Tito Mangialajo Rantzer > double bass
Filippo Monico > drums, percussions
All compositions by Massimo Falascone except # 6 by Charles Mingus
Recorded in Milano on 20th and 21st October 2002
Recorded and edited by Fabio Martini
Cover art from “Marching Wonder” by Anna, Leonardo, Giovanni
Front cover photo: Massimo Falascone
Back cover photo: Antonio Ribatti
Design: Massimo Falascone
2 The Room (duo) 4.19
3 Moloko Vellocet 8.12
4 Monolith 7.33
5 Doppia x 7.21
6 Peggy’s Blue Skylight 3.35
7 The Room (quartet) 9.51
8 A volte ritornano 6.12
Massimo Falascone > alto & sopranino saxophones
Alberto Tacchini > piano, prepared piano
Tito Mangialajo Rantzer > double bass
Filippo Monico > drums, percussions
All compositions by Massimo Falascone except # 6 by Charles Mingus
Recorded in Milano on 20th and 21st October 2002
Recorded and edited by Fabio Martini
Cover art from “Marching Wonder” by Anna, Leonardo, Giovanni
Front cover photo: Massimo Falascone
Back cover photo: Antonio Ribatti
Design: Massimo Falascone
Reviews:
Musica Jazz
Anno 59°- N. 5 - Maggio 2003
La costante è il richiamo al nume tutelare Mingus, con l'interpretazione pericolosamente tesa di Peggy's Blue Skylight, ma è nella propria musica, cioè in tutti gli altri brani che Falascone riesce a confermare e semmai a irrobustire i caratteri che si erano apprezzati in precedenti occasioni. Sacrificando magari qualche azzardo fruttuoso, il sassofonista e compositore convoglia qui una voce di contralto dall'espressività concisa e dalla sonorità potente lungo temi e sviluppi elastici, lanciati e richiamati con precisa passione in uno spazio armonico chiaramente individuato.
Quando passa al sopranino, la trepidazione di alcune asserzioni tematiche e l'improvvisazione repentinamente raggrumata ricordano Braxton.
Ma l'originalità dei brani, nel disegno e nella sostanza, è data dal fine lavoro del pianoforte di Tacchini, con il quale Falascone ha predisposto per i propri sassofoni una fitta serie di appuntamenti all'unisono. Ne risultano gradini dal valore cromatico e dinamico sempre sorprendente, che costellano i percorsi dei brani frenando e dislocando in modo sapiente, senza alcuna violenza, l'impeto delle voci.
Tutta la musica, del resto, ambisce a una misura esatta, a un controllo che anche Mangialajo e Monico espletano con quel rigore misto ad abbandono raggiungibile solo attraverso l'accurata progettazione e la decantazione del materiale, nonchè la familiarità linguistica di ciascun membro con gli altri. E qui torna Mingus, al quale tutto il quartetto (e quella sorta di galassia milanese denominata Takla, della quale è una concretazione) ha sempre fatto esplicito riferimento.
Giancarlo Dalla Bona
All About Jazz Italy
Le tracce rivelano una mano compositiva unitaria. È quella di Massimo Falascone, che firma tutti i brani ad eccezione di Peggy's Blue Skylight (di Charles Mingus). Il mood dell'album è però decisamente più orientato alla libera improvvisazione o, per meglio dire, alla composizione collettiva estemporanea. Destrutturazione ritmica, dilatazione dei tempi, accordi che sembrano cadere improvvisamente dopo essere rimasti a lungo sospesi (ed attesi). Un album che potremmo definire d'altri tempi (pensiamo agli anni '70 - '80), e sia detto, questo, senza alcuna connotazione negativa. Semplicemente, oggi pochi musicisti hanno il coraggio di andare in sala d'incisione armati soltanto di un canovaccio e lasciare che la musica si sviluppi nell'istante attraverso l'ascolto reciproco.
Non mancano in verità momenti più strutturati, come il pedale intorno a cui ruota la seconda parte di Moloko Vellocet, il nucleo centrale di Doppia X oppure la mingusiana Peggy's Blue Skylight, di cui Falascone ci offre un'intepretazione à la John Coltrane. Certo è che il cuore dell'album è altrove.
Nell'impalpabilità di A Volte Ritornano e Discovery, oppure nella doppia versione (per duo e per quartetto) di The Room. Anche questa (la duplice interpretazione di uno stesso brano), un'abitudine d'altri tempi.
Valutazione: * * *
Paolo Peviani
Musica Jazz
Anno 59°- N. 5 - Maggio 2003
La costante è il richiamo al nume tutelare Mingus, con l'interpretazione pericolosamente tesa di Peggy's Blue Skylight, ma è nella propria musica, cioè in tutti gli altri brani che Falascone riesce a confermare e semmai a irrobustire i caratteri che si erano apprezzati in precedenti occasioni. Sacrificando magari qualche azzardo fruttuoso, il sassofonista e compositore convoglia qui una voce di contralto dall'espressività concisa e dalla sonorità potente lungo temi e sviluppi elastici, lanciati e richiamati con precisa passione in uno spazio armonico chiaramente individuato.
Quando passa al sopranino, la trepidazione di alcune asserzioni tematiche e l'improvvisazione repentinamente raggrumata ricordano Braxton.
Ma l'originalità dei brani, nel disegno e nella sostanza, è data dal fine lavoro del pianoforte di Tacchini, con il quale Falascone ha predisposto per i propri sassofoni una fitta serie di appuntamenti all'unisono. Ne risultano gradini dal valore cromatico e dinamico sempre sorprendente, che costellano i percorsi dei brani frenando e dislocando in modo sapiente, senza alcuna violenza, l'impeto delle voci.
Tutta la musica, del resto, ambisce a una misura esatta, a un controllo che anche Mangialajo e Monico espletano con quel rigore misto ad abbandono raggiungibile solo attraverso l'accurata progettazione e la decantazione del materiale, nonchè la familiarità linguistica di ciascun membro con gli altri. E qui torna Mingus, al quale tutto il quartetto (e quella sorta di galassia milanese denominata Takla, della quale è una concretazione) ha sempre fatto esplicito riferimento.
Giancarlo Dalla Bona
All About Jazz Italy
Le tracce rivelano una mano compositiva unitaria. È quella di Massimo Falascone, che firma tutti i brani ad eccezione di Peggy's Blue Skylight (di Charles Mingus). Il mood dell'album è però decisamente più orientato alla libera improvvisazione o, per meglio dire, alla composizione collettiva estemporanea. Destrutturazione ritmica, dilatazione dei tempi, accordi che sembrano cadere improvvisamente dopo essere rimasti a lungo sospesi (ed attesi). Un album che potremmo definire d'altri tempi (pensiamo agli anni '70 - '80), e sia detto, questo, senza alcuna connotazione negativa. Semplicemente, oggi pochi musicisti hanno il coraggio di andare in sala d'incisione armati soltanto di un canovaccio e lasciare che la musica si sviluppi nell'istante attraverso l'ascolto reciproco.
Non mancano in verità momenti più strutturati, come il pedale intorno a cui ruota la seconda parte di Moloko Vellocet, il nucleo centrale di Doppia X oppure la mingusiana Peggy's Blue Skylight, di cui Falascone ci offre un'intepretazione à la John Coltrane. Certo è che il cuore dell'album è altrove.
Nell'impalpabilità di A Volte Ritornano e Discovery, oppure nella doppia versione (per duo e per quartetto) di The Room. Anche questa (la duplice interpretazione di uno stesso brano), un'abitudine d'altri tempi.
Valutazione: * * *
Paolo Peviani