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Intervista a Massimo Falascone

Vittorio Lo Conte

Il sassofonista milanese Massimo Falascone ha scelto di dedicarsi alla pratica dell`improvvisazione totale. In questa intervista ci parla dei suoi numerosi progetti, dell`incontro con Barre Phillips e dei suoi album.


All About Jazz: Sei stato uno dei pochi in Italia a raccogliere la sfida dell`improvvisazione totale con successo. Cosa ti ha spinto a intraprendere questa via?

Massimo Falascone: L`improvvisazione per me è uno dei luoghi prediletti della musica. Un luogo telepatico, dove le menti si incontrano. È un posto da cui si guarda lontano. Come il deserto. La gente ne ha una gran paura. Un luogo vuoto, buono per esperimenti nucleari.

Eppure un`osservazione attenta svela un mondo brulicante di vita e popolato da una moltitudine di specie viventi. Con pochi mezzi hanno imparato a sopravvivere in quell'ambiente estremo, impossibile. Habitat ideale per la tribù degli improvvisatori i quali, venuti da ogni dove hanno infatti scelto di stabilirvisi, chissà quanti di loro coscienti che una volta entrati non sarebbero più andati via.
Ancora oggi si possono osservare, per nulla appesantiti dagli anni e con la scorza indurita dalle avversità, mentre proseguono il loro cammino musicale, tuttora convinti che il principale obiettivo sia quello di suonare insieme per «sviluppare l'improvvisazione fino a un livello in cui gli esecutori sono tutti egualmente e inestricabilmente coinvolti nell'atto di fare musica» - come scrive Derek Bailey.
Improvvisare comporta dei rischi, ma, quando la musica arriva, porta con sè una magia alla quale non puoi più rinunciare.
Ma questo non è tutto. Sono anche un compositore e mi interessa l`organizzazione del materiale musicale. L`interpretazione ma anche la regia, la sceneggiatura, il montaggio.
Nel biennio 1999-2000, per esempio, mi sono dedicato alla stesura di un progetto compositivo ad ampio respiro, una soggettiva interpretazione musicale di 2001: A Space Odyssey di Stanley Kubrick.
Oggi scrivo musica per il mio nuovo Quartetto - composto da me ai sax contralto e sopranino, Alberto Tacchini al piano, Tito Mangialajo al contrabbasso e Filippo Monico alla batteria - nel quale cerco di portare il mio punto di vista sulle combinazioni possibili fra la musica scritta e la musica improvvisata, nell`affermazione di una loro effettiva e reale coesistenza.
Nei limiti del possibile il mio intento è di non trascurare nulla. Improvvisazioni libere ma affiancate o sovrapposte a composizioni con parti anche impegnative. Brani in notazione tradizionale e partiture grafiche. Sequenze, strutture, temi. Cerco di trattare tutti i materiali che la musica mette a disposizione: pulsazione, melodia, ricerca timbrica, fraseggio, sul tempo, senza tempo. Credo molto in questo Quartetto.


AAJ: C’è qualche musicista in particolare che ti ha ispirato?

M.F.: Chi volesse approfondire l'argomento può fare un`opera buona e gentilmente acquistare il mio album in solo Bordogna - 15 (Quasi) Solo Improvisations per la Takla Records dove, nei risvolti di copertina, faccio l`elenco di 87 personalità della musica, del cinema, dell`arte, del fumetto, della letteratura, ecc. che hanno influenzato la mia crescita accompagnandomi fin qui a partire dall`adolescenza. Una lista incompleta, che si muove nel tempo e che infatti continua a crescere.
Volendo restringere il campo alla famiglia degli altosassofonisti, faccio oggi questi nomi: Roscoe Mitchell, Eric Dolphy, Ornette Coleman, Jimmy Lyons, Anthony Braxton e, fra gli italiani, il mio buon amico Edoardo Ricci.


AAJ: Fra le tue collaborazioni c’è quella con Barre Phillips, ce ne puoi parlare?

M.F.: Cosa posso dire? È stato un incontro breve ma - almeno per me - ricco, importante.
Barre è un grande musicista e una persona davvero piacevole, disponibile e spiritosa. Eravamo nel 1995, i tempi gloriosi del Takla Makan, il trio con Giancarlo Locatelli e Filippo Monico. Abbiamo trascorso insieme tre giornate piene in studio e registrato 24 improvvisazioni per quasi tre ore di musica.
Solo una parte di queste è stata inserita nel CD Takla Makan, registrato per la CMC, tutto il resto è materiale inedito che se ne sta lì al buio, poverino, costretto all¹interno di due DAT e chiuso in un cassetto ad aspettare miglior fortuna. Chissà che un giorno...
Di Barre conservo un¹immagine in particolare: lui in piedi nel soggiorno di casa mia con in mano una chitarra-giocattolo-modello-base a suonare con Leonardo, due anni e mezzo, seduto a terra a percuotere una batteria di pentole e coperchi.
Mi piacerebbe tanto incontrare di nuovo Barre.


AAJ: Hai anche pubblicato le tue cose in proprio, come hai hai scelto questa via?

M.F.: Credo di poter dire per motivazioni prevalentemente artistiche. Verso la metà degli anni `90 intorno al trio Takla Makan sopra citato hanno cominciato a ruotare altri musicisti da tempo interessati alla pratica improvvisativa e alla ricerca. Nel 1997 queste persone si sono riunite nell'associazione Takla Improvising Group con l'intento di offrire un contributo collettivo alla diffusione della musica improvvisata e, al contempo, promuovere e documentare l`attività dei musicisti coinvolti. Il che significa organizzazione di concerti, rassegne, laboratori, pubblicazione di CD.
Costituire un'etichetta discografica propria era a quel punto diventata una necessità.


AAJ: Ci puoi parlare del tuo ultimo CD in solo?

M.F.: Bordogna - 15 (Quasi) Solo Improvisations è il titolo con cui la neonata etichetta Takla Records nei primi mesi del 1999 'irrompe euforica' nel mercato discografico indipendente.

Era da tempo che che mi solleticava l`idea di realizzare un album in solo. Quando ho sentito che era arrivato il momento, l`ho fatto.
Il CD è suddiviso in due sezioni: brani per strumento solo in cui alterno i miei tre sassofoni (alto-baritono-sopranino) e brani sovraincisi con combinazioni strumentali diverse (da due contralti a quattro baritoni, fino a un sestetto composto da due sopranini, due contralti e due baritoni).
I soli sono improvvisazioni libere che ho suonato a briglia sciolta, senza nulla di predeterminato. I brani sovraincisi sono invece stati sottoposti a un procedimento particolare che proverò ora a descrivere.
Per prima cosa ho fissato dei parametri che delimitassero il campo d`azione (comportamenti strumentali, durate, percorsi, contorni, ecc.). Poi, per ciascun brano, ho registrato le singole tracce come delle improvvisazioni autonome, senza usufruire dell`ascolto del materiale precedentemente registrato. Infine ho combinato le varie improvvisazioni sovrapponendole come disegni su fogli trasparenti posati uno sopra l`altro.
Ne risultano contrappunti d’improvvisazione generati da un'intesa fra l’organizzazione e il caso, una combinazione di fattori per me di grande interesse.


AAJ: Ci puoi parlare della tua collaborazione con Filippo Monico?

M.F.: Ormai è più che ventennale. Filippo è stata la prima persona che ho incontrato quando ho cominciato a portare in giro il mio sax contralto. Io ero ancora un pivello, lui era già un ragazzo prodigio della batteria free.
Siamo amici, c`è poco altro da dire. Di cose insieme ne abbiamo fatte tante. Provo a ricordarne qualcuna.
Nel Teatro Libero Concerto e nel NEEM Teatrazz di Firenze a far parate e concertini un pò ovunque, dal Carnevale Ambrosiano al Festival di Sant`Arcangelo. Nel Gruppo Contermporaneo di Guido Mazzon. In Dressoir, spettacolo di teatro-danza su partitura di Misha Mengelberg con arrangiamenti del sottoscritto. E ancora nel Takla Makan con Barre Phillips ma anche con Fabrizio Spera e Wolfgang Fuchs. In Circadiana nel CD Clangori (Leo Lab), musica improvvisata votata a quattro stelle su Down Beat.
Nel Takla Jazz Quartet in giro per l`Italia a suonare Charles Mingus, mai fatti tanti concerti in un anno. Nell`orchestra Mondo Ra, produzione del Festival Controindicazioni 2001 in collaborazione con RAI Radiotre.
Naturalmente non è tutto, e poi entrambi facciamo altre cose, anche molto diverse fra loro. Ciò non toglie che si continui a suonare insieme nel mio Quartetto di cui ho già parlato e quando capita anche in duo.
E per quanto io possa ragionevolmente sostenere di conoscere quasi tutto di Filippo - e immagino lui possa dire altrettanto di me - ogni volta che ci si trova a suonare, ancora oggi, la musica non manca di riservarci qualche sorpresa.


AAJ: Bellatalla ha scelto di andarsene in Inghilterra, hai mai pensato a qualcosa del genere?

M.F.: No. Però mi piacerebbe prima o poi prender su la macchina e fare il giro degli Stati Uniti passando da Tishomingo, Mississippi, dove «ho sentito dire che c'è un uomo che ti paga molto bene per cantare nella sua latta, e dicono che paga un extra se sei davvero bravo.» (da Joel & Ethan Coen: “O Brother Where Art Thou”, 2000).



Milano, Sab 29 Giugno 2002